Quando varcai per la prima volta il cancello delle Fosse Ardeatine, lo feci camminando in punta di
piedi, e attraversando quella barriera metallica capii immediatamente che stavo
entrando in un luogo sacro dove il tempo e lo spazio avevano perso molte, se
non tutte, delle loro certezze.
Mi sorpresi a
calpestare quel suolo con il massimo rispetto e con la maggior leggerezza
possibile, in preda al timore che i miei passi incerti potessero in qualche
modo oltraggiare o violare l'intimità di qualcosa, o di qualcuno. Lo sguardo
volava perso intorno a me, e quello che vedevo mi dava l'impressione di
trovarmi nel centro preciso di una dimensione parallela ancora sconosciuta:
provavo a mettere a fuoco ogni particolare della zona antistante alle fosse, osservavo
le lapidi commemorative cercando di leggerne i caratteri sbiaditi dal tempo e
dal dolore, realizzai che stavo vivendo una violenta emozione che molto
probabilmente mi avrebbe accompagnato per tutta la vita.
Ci ritorno quando
posso,